In un mondo dove l’esperienza del cliente è diventata il cuore pulsante del successo aziendale, il marketing conversazionale emerge come una delle strategie più efficaci per garantire una comunicazione tempestiva e personalizzata. L’adozione di chatbot e assistenti virtuali rappresenta una svolta fondamentale in questo contesto, offrendo alle aziende strumenti potenti per interagire con i clienti, […]
Ciao Google Plus. Il Wall Street Journal ha svelato che persino tu – social network dei pochi e piazza pubblica di caselle mail – sei caduto in uno scandalo sulla privacy. Il quotidiano statunitense ha spiegato che oltre 500.000 utenti sono vittima di un bug nelle API Google +, che ha esposto i loro dati al furto.
Il furto di dati
L’8 ottobre 2018 Google ha pubblicato un comunicato, in cui ha ammesso il bug e ha spiegato, in maniera piuttosto generica, che l’errore riguarda le istruzioni fornite a sviluppatori di terze parti (autrici di 438 applicazioni). L’errore è nato nel 2015, ma sarebbe stato scoperto soltanto a marzo del 2018; vale a dire poco dopo lo scandalo di Cambridge Analytica che travolse Facebook e poco prima della promulgazione del Gdpr in Europa. Inserita in un periodo del genere, la notizia avrebbe comportato per Google un danno di immagine enorme. Ecco perché venne taciuta.
Quando chiude Google Plus
È venuto il momento di salutare Google Plus, perché – come riconosciuto nello stesso comunicato – il progetto non è riuscito a coinvolgere la sua utenza. Il 90% delle sessioni, infatti, ha una durata inferiore ai cinque secondi. Il bug è la proverbiale goccia che fa traboccare il vaso e che porta Google a troncare un progetto perdente. La società di Mountain View chiuderà la versione Customer ad agosto del 2019, mentre rafforzerà la sicurezza dell’intera infrastruttura di comunicazione con gli sviluppatori di terze parti.
Cosa fare
Se vuoi revocare o semplicemente controllare le app a cui hai dato accesso ai tuoi dati, visita il check-up di Google. Se invece vuoi scaricare i tuoi file prima della chiusura del progetto, usa il takeout e seleziona solo Google Plus.
Un destino scritto?
Quando Google Plus nel 2011 spuntò da Mountain View, in California, molti credettero che il monopolio di Facebook fosse finito. Già allora però non fu chiaro a nessuno perché si dovesse trasferire la propria identità digitale dal social network blu a quello rosso. All’inizio G+ non proponeva nulla di realmente nuovo rispetto a Facebook, se non un taglio grafico leggermente diverso. Poi vennero l’iscrizione quasi automatica attraverso Gmail e l’authorship: l’una fungeva come leva dal basso; l’altra come leva dall’alto. E alla fine Google Plus si è levato di mezzo.